Il miraggio di una casa per tutti

L’allarme sociale di non riuscire a garantire un tetto sopra la testa

Passando davanti le sedi universitarie di diverse città d’Italia è possibile notare le tende degli studenti che non sono riusciti a trovare un alloggio e che, pur di continuare a studiare, hanno deciso di accamparsi davanti gli atenei. Un fenomeno che ha acceso i riflettori, soprattutto dei media, sul problema “casa” che non riguarda solo gli studenti, che affligge tanti giovani e che si intreccia e si connette con altre difficoltà che vengono vissute da tante persone, in particolare le più fragili.

Il problema “casa” si trascina da molti anni, almeno dalla fine del secolo scorso quando si è smesso di costruire in edilizia popolare e parte del patrimonio pubblico di alloggi è stato alienato. Tale circostanza colloca l’Italia all’ultimo posto in Europa, la quota di edilizia sociale è solo il 4% del mercato immobiliare. Il fenomeno si rende ancor più complesso considerando che in Italia più del 70% delle abitazioni sono di proprietà, in Europa è fra le quote più alte, ma ciò rende il mercato immobiliare poco dinamico facendo impennare il prezzo degli affitti e diminuire gli alloggi disponibili.

Un fenomeno che è distribuito in maniera non uniforme in tutta Italia, il problema “casa” è molto più presente nelle grandi città e meno in provincia e nelle realtà di piccole dimensioni. A completare solo parzialmente il quadro della situazione è la destinazione di tanti alloggi per l’ospitalità breve. Non si parla di dare a tutti la possibilità di comprare una casa ma di avere un tetto sopra la testa adeguato alle proprie esigenze.

In tale contesto soffrono i giovani studenti universitari che nelle grandi città non riescono a trovare un’abitazione ad un prezzo sostenibile, vedendo messo a rischio il loro diritto allo studio e la possibilità di costruire il futuro che hanno scelto di perseguire. Non sono i soli. Soffrono coloro che vogliono costruire una famiglia, in particolari le giovani coppie, soffrono i nuclei monofamiliari, soffrono gli anziani che vedono mutate nel tempo le proprie esigenze dell’abitare, soffrono i lavoratori mobili, soffrono le persone in condizione di povertà, molte delle quali con minori nel proprio nucleo familiare, soffrono coloro che sono senza fissa dimora e che vorrebbero accedere ad una abitazione, soffrono gli immigrati che spesso hanno perso tutto e devono ricominciare da zero, soffrono le persone con disabilità con particolari esigenze dell’abitare, soffrono i cosiddetti morosi incolpevoli così definiti coloro che generano morosità con riguardo all’abitazione per perdita del lavoro per licenziamento, riduzione dell’orario di lavoro, cassa integrazione, mancato rinnovo di contratti, cessazioni di attività libero-professionali, malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare, accrescimento del nucleo familiare, riduzione del nucleo familiare per divorzio o separazione, cessazione dell’erogazione di contributi pubblici.

Gli assistenti sociali italiani sono quotidianamente al fianco di coloro che vivono tali sofferenze, ancor più se si considera inoltre che il disagio abitativo può essere una parte di un disagio multidimensionale. Nonostante le professionalità in campo, l’impegno, la necessità e l’urgenza di dare seguito a percorsi di benessere e autonomia, anche abitativa, lo scontro avviene con la mancanza di politiche sociali dedicate, la carenza di risorse e talvolta anche l’inadeguatezza degli strumenti legislativi.

Trovare soluzioni che da un giorno all’altro possano risolvere le problematiche e alleviare le sofferenze non è semplice ma bisogna pur cominciare ad affrontare le difficoltà che vivono migliaia di persone e in cui si potrebbe ritrovare anche chi oggi pensa di non essere toccato dal tema. Uno sguardo di prospettiva per non costringere, i giovani e non solo, a fare i conti con “l’inferno che stiamo lasciando”, per richiamare il tema della rivista.
Il problema “casa” non è, e non è mai stato, un problema individuale, è un problema sociale e sistemico.

Guardando ad altri paesi europei sono state adottate soluzioni in diversi ambiti da quello economico a quello urbanistico, come il disincentivo alla rendita e ai guadagni elevati sugli affitti brevi e il contrasto all’illegalità degli affitti in nero, il tetto massimo di licenze per affitti brevi nei quartieri e riforme sull’utilizzo del patrimonio, pubblico e privato, dismesso o sottoutilizzato. Tra le soluzioni più efficaci c’è sicuramente l’investimento in edilizia pubblica e sociale, dove lo Stato investe di più per costruire e gestire alloggi pubblici, minore è l’emergenza abitativa. Il supporto dello Stato è importante anche nei confronti dei proprietari, attraverso sistemi di garanzie per coloro che affittano a persone e famiglie in condizioni sociali ed economiche non stabili, fragili o a rischio. La prospettiva più interessante, già sperimentata con ottimi risultati, è quella dell’housing sociale che offre servizi abitativi integrati basati sulla sostenibilità dei costi, spesso anche sul recupero e la valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente e di intere zone e quartieri delle città. L’housing sociale promuove nuove comunità di residenti talvolta con bisogni ed esigenze complementari, l’intervento del Terzo Settore e il raccordo con i servizi pubblici consente di intervenire nelle complessità sociali e in quei disagi multidimensionali, di cui quello abitativo è una parte.

Una soluzione meno diffusa e con pochi precedenti è quella che coinvolgerebbe le aziende, alcune delle quali hanno disponibili alloggi ed appartamenti che mettono a disposizione dei propri dipendenti. Succede che tali abitazioni restino vuote e inutilizzate per lunghi periodi, in base alle produzioni e alle esigenze dei lavoratori. Alloggi che potrebbero essere messi a disposizione dei giovani consentendo alle aziende di aprirsi alle esigenze dei territori e di coloro che li vivono e avere degli introiti dai canoni corrisposti.

Altra soluzione sperimentata con successo è quella della coabitazione intergenerazionale, dove giovani e anziani decidono di vivere sotto lo stesso tetto. Una decisione che consente uno scambio di competenze che migliora la vita sia dei giovani che degli anziani, i primi agevolati nel trovare un’abitazione a prezzi sostenibili e a mettere a disposizione le proprie risorse personali e i secondi aiutati nel fronteggiare le micro-difficoltà giornaliere, a combattere la solitudine, mettendo a disposizione un bagaglio di esperienze e conoscenze. A Padova, grazie ad un accordo fra Comune e Università, a Milano col progetto Prendi in casa dell’associazione MeglioMilano, a Trento con l’esempio di Casa alla Vela, tali sperimentazioni hanno riguardato proprio gli studenti universitari e gli anziani a rischio emarginazione con risultati soddisfacenti. In Basilicata la cooperativa Universosud ha creato la più grande casa dello studente diffusa, incrociando le richieste dei giovani e quelle di famiglie e anziani. Non solo studenti universitari, a Roma un progetto realizzato a Torre Maura ha permesso di trovare casa a neomaggiorenni, studenti o lavoratori, che hanno lasciato comunità alloggio e case famiglia. A Roma, col progetto Homefull, e in diverse altre parti d’Italia, coppie di anziani hanno accolto giovani migranti provenienti dall’Africa.

Concedere sussidi e dare denaro una tantum può servire a fronteggiare nell’immediato una singola emergenza, ma non è la soluzione. Risorse pubbliche e politiche sociali di ampio respiro e di prospettiva sono necessarie per affrontare il problema “casa”, gli assistenti sociali, come sempre e quando si tratta del benessere sociale e delle persone, di stare al fianco di coloro che vivono fragilità, dello sviluppo di autonomie e di empowerment, sono pronti a fare la propria parte.

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