“Mindfuldance” di Francesca Ferrari

Riflessioni di una danzatrice che aveva confuso la scarpetta per il proprio piede

N. 1 -

Anno 2025

Catia Isabel Santonico Ferrer. Senior Project Manager in IPRS, con formazione in Scienze Politiche, Cooperazione e Sviluppo, e Psicologia.

 

 

 

 

Questa che leggete non è La verità. Non è un insegnamento, non è un messaggio, non è una risposta.

L’INTELLIGENZA DEL CORPO

Quello che leggerete qui non sarà forse di facile comprensione perché l’intelligenza del corpo bisogna viverla: non è dimostrabile, se non dall’interno. Se è la mente ad osservarla e valutarla, l’intelligenza del corpo non riesce ad esprimersi. Se però con queste righe sarò riuscita a far vacillare anche solo un poco l’ostinazione analitica che caratterizza gran parte di coloro che leggeranno, e di me che scrivo, allora avrò reso possibile il viaggio che Francesca Ferrari ci propone con il suo libro.

Mentre leggevo Mindfuldance, Riflessioni di una danzatrice che aveva confuso la scarpetta per il proprio piede” (edito da Terre Sommerse, 2025) ha preso forma nella mia testa una domanda, un’idea, che mi è sembrata al principio addirittura bizzarra, a me che sono evidentemente intrappolata nella imperitura logica cartesiana in cui non solo la mente è altro dal corpo ma è lì per superarlo: e se il potenziale evolutivo di ciascuno non stesse nella qualità della mente che si eleva, che trascende la propria natura e la domina, che si nutre di conoscenza e astrazione? E se l’intelligenza non stesse nell’elevarsi ma nell’“incorporarsi”, nello scendere e radicarsi nel corpo?

Nella vita capita di aprirsi a questa seconda opportunità, ma tardi, quando il corpo con le sue rigidità, contratture, lesioni, malattie è diventato estraneo e in buona parte inospitale.

Ora immaginate, invece, che questa intelligenza, l’intelligenza del corpo, possa essere coltivata da bambini attraverso la relazione con l’arte. Questa è la proposta che Francesca Ferrari fa attraverso il suo libro. Mindfuldance contiene considerazioni sull’integrazione tra corpo, mente e arte che nascono da un lungo percorso nell’insegnamento e nella sperimentazione artistica della sua autrice. Danzatrice, coreografa e insegnante di yoga e mindfulness, Francesca ha coltivato e messo alla prova questa idea lungo un tempo esteso di osservazione del proprio corpo, delle proprie illusioni e del corpo degli allievi, bambini e adulti, in rapporto con l’arte. L’ha poi raffinata attraverso la pratica dello Yoga, della Mindfulness e del rebirthing transpersonale e, infine, attraverso lo studio dei testi di Wilhelm Reich, Alexander Lowen, Ken Wilber, James Hillman, Jiddu Krishnamurti e altri ancora, che hanno ispirato la psicoterapia bioenergetica e, più in generale, approcci al benessere fondati sull’integrazione tra corpo, emozioni, psiche, dimensione simbolica e spirituale.

Dall’integrazione di queste influenze, nascono riflessioni che orientano una proposta metodologica per l’insegnamento in ambito coreutico, con un obiettivo centrale, quello di superare la dualità corpo-mente, portando l’allievo a sentire il corpo non come qualcosa che “ha”, e che nella maggior parte non risponde come si vorrebbe (“il mio corpo è rigido”), ma come qualcosa che “è”, un’opportunità di raggiungere e sciogliere i nodi emotivi, un ponte tra la realtà esterna e quella interna (“io sono rigido”).

Trattando diversi aspetti della tecnica e delle esperienze di improvvisazione, Francesca Ferrari mostra come si possano aiutare gli allievi ad attraversare i limiti posti da emozioni come la paura e la vergogna, a contattare un sé più autentico, ad aprirsi alle relazioni.

Per fare chiarezza torniamo all’intelligenza del corpo.

Il corpo conosce solo il momento presente, “sta”. È la mente che non sa stare, torna al passato o anticipa il futuro, continuamente.

Il corpo non mente, non può fingere. Non si può danzare la spavalderia, quando si ha paura. La mente sì, lo fa continuamente.

Il corpo integra gli opposti, può affondare le sue radici mentre si proietta verso il cielo ed è grazie all’equilibrio di forze che spingono in direzioni opposte, che il corpo sta nel suo perenne dinamismo. La mente divide, separa il bello dal brutto, il bene dal male.

Il corpo può arrendersi al movimento, alla forza agita da un altro corpo senza aspettative, ad esempio in una sessione di improvvisazione di due o più persone. La mente, al contrario, anticipa, calcola, analizza la qualità della controspinta, l’intenzione del gesto, la direzione.

Nel movimento il corpo può diventate tutt’uno con altri corpi, perdere la percezione di essere distinto, abbandonarsi, cedere. La mente normalmente si oppone a questa spersonalizzazione, ha bisogno di vedere la traiettoria, dare un senso, imprimere una direzione, anticipa, fraintende. Il corpo può assumere, inconsapevole, forme stupefacenti. La mente giudica, non sa aspettare, non può stupirsi. Per incontrare l’altro nel movimento bisogna abbandonare una parte di sé (la volontà, le aspettative), altrimenti non sapremo mai dove l’altro avrebbe potuto condurci.

Immaginate che questa consapevolezza possa ora entrare in un corso di danza e il corpo smetta di essere il luogo dello scontro tra una mente che costruisce immagini ideali e un corpo che, grazie alla disciplina e la tecnica, cerca di conformarvisi. Immaginate il corpo come mezzo di conoscenza, per prendere consapevolezza dello spazio, del tempo, del suolo, della gravità. Immaginate che si possa lasciar “scendere la mente nel corpo”, per arrivare nei punti dove non si vuole andare, lasciandosi “ac-cadere” attraverso esperienze di radicamento (grounding) e il lavoro sul pavimento (floorwork). Il grounding è l’arte di “mettere radici”. Significa trovare una base solida da cui partire, abitare la propria fisicità con presenza e coltivare una connessione profonda tra il sentire corporeo e ciò che è fuori. È un invito a tornare a casa, dentro di sé. Il floorwork invita il corpo a dialogare con la terra. Attraverso movimenti radicati, vicini al suolo, il danzatore esplora una relazione profonda con la gravità, lasciandosi andare, sostenere, attraversare dal contatto con il terreno. Questo dialogo con il pavimento stimola la percezione sensoriale, favorisce il rilassamento e insegna a gestire il peso e l’equilibrio, sostenendo processi di radicamento e autoregolazione emotiva.

In modo prevalente, fino ad oggi, il mondo della danza e dello sport in generale, si sono interrogati su come cogliere segnali di violenza, su come contrastare forme di bullismo, che persistono in molti settori, spesso alimentate da approcci performativi e competitivi, e ancora, su come evitare che il corpo divenga oggetto di ossessioni e giudizio: tutti fronti, questi, su cui c’è ancora molto da fare. La proposta di Francesca Ferrari risponde a queste esigenze e fa un passo avanti. Avvia una riflessione metodologica importante su come il rapporto con le arti performative possa aiutare i bambini e i ragazzi a radicarsi, a proiettare la loro essenza oltre i piedi, dentro la terra, per aver una base solida e sicura, su cui crescere. Su questo, Francesca cita a pagina 133, un illuminante passaggio di Paola Mastrocola (Una barca nel bosco, 2004) che ci riporta al tema del crescere come un “processo interno e verso il basso” di cui parlava Hillman e anche alla domanda con cui si è aperta questa recensione: “Pensiamo che si cresca verso l’alto. Che idiozia! (…) Invece bisognerebbe scavare sotto i piedi dei figli e vedere lì, nella terra, quanto sono cresciuti. Se no poi, da grandi, cadono. Cadono a faccia in giù, come pali mal piantati nel terreno, senza radici.”

L’approccio che Francesca Ferrari propone per orientare l’insegnamento in ambito coreutico non è scevro da complessità, perché se il corpo non dice bugie, ma la mente è ignara, chi si fa interprete del linguaggio del corpo, ha a che fare con una materia molto complessa e delicata, soprattutto quando lavora con persone di minore età. Le sue però sono riflessioni necessarie per capire come aiutare bambini e adolescenti a contattare, riconoscere, legittimare, integrare, esprimere le loro emozioni in un clima privo di giudizio. Per questo Mindfuldance è una risorsa preziosa per ragazze e ragazzi in formazione, istruttori, educatori ma anche terapeuti e in generale per chiunque, con curiosità, si avvicini a questi temi.

Per chiudere, se volete davvero vedere l’intelligenza del corpo in azione e assistere ad un incontro sapiente tra la meditazione e la danza, vi invito a guardare la video performance che, a partire da una rivisitazione dei testi di Alexander Lowen “Bioenergetica” e Ken Wilber “Oltre i Confini”, Francesca Ferrari ha preparato per presentare il suo libro. Buon viaggio!

 

E = mc2 – Primo spettro della coscienza- Sei il tuo corpo o hai un corpo?
(Videoperformance tratta dal libro “Mindfuldance, riflessioni di una danzatrice che aveva confuso la scarpetta per il proprio piede”, edito da Terre Sommerse, di e con Francesca Ferrari)

La danza ha raccontato a me la seguente storia, o meglio, quello che segue è il senso che si è disvelato, osservando nel tempo la relazione con questa meravigliosa arte.

 
Editore: Terre Sommerse
 
 
Anno edizione: 2025
 
 
Collana: Saggistica e Dintorni
 
 
EAN: 9788869012594
 

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