La discesa nella parola
A volte mano e testa
si fondono, senza diventare verso
Iosif Brodskij
Si stanca la mente di seguire
il divenire del pensiero.
Cerca di stare dietro a ciò che legge
ma si affolla sempre di più
il non scritto che supera lo scritto,
le immagini e il limite di tutto
che aumentano l’angoscia, la distanza.
Due linee che si stancano.
Allora c’è il silenzio
si chiude il libro, si spezza quella voce
si torna alla luce del parco che
si fa più bruna, ostile
ma è solo materia, solo freddo che
penetra, solo natura che parla
con la sua lingua, solo
alberi nudi, inconsapevoli
mancati apostoli del nulla.
*
Senza esserne consapevole
la mente segue il pensiero che
chiuso il libro l’attraversa.
La precisione crea utopie,
irraggiungibili, assurde.
Solo con troppa luce si può
apprezzare il buio, solo con
troppo rumore il silenzio.
La discesa nella parola calma
così come le metodiche coniugazioni
dei nostri verbi più cari
sempre che ci salvano.
Senza Titolo
Vagano, direi vagano soli,
indeterminati, nebulose gravide
di neri giganti, impietosamente lontane,
oltre ogni pensiero di spazio
o di tempo, corpi assoluti
spinti dal solo desiderio
dell’umano limite, del circoscritto.
Invece l’infinito dà spazio alle teorie,
ci conforta con la sua impossibilità
di misurarlo, di rappresentarlo
se non nel buio della mente,
che da sola può scalare in un istante
ciò che è incomprensibile.
I luoghi che la mente inventa
Durare e mancare, mancare e durare.
Tra questi due opposti si svolge la vita,
si perde l’uomo in cerca di assoluto,
di un assoluto della mente,
di una verità che spieghi ogni legge,
ogni costrutto, che leghi ogni conseguenza
al suo principio,
all’unico principio che potrebbe essere o è.
In questo continuo divenire anche il fiume
d’estate diviene il suo rumore, il rumore di fiume
che è parte del suo essere fiume,
separato da lui ora nascosto tra gli alberi,
ma reale come gli alberi che lo nascondono.
Un’invenzione della mente la sua acqua,
il suo scorrere.
Questo l’essere, lontano da tutto,
che si rivela in un momento
in cui nient’altro esiste oltre la più
profonda percezione che si ha
dell’esistere in sé, parte del mondo.
Natura
I
Appuntare man mano che si mostrano
le discrete leggi di natura,
poter numerare i flussi segreti delle acque,
delle linfe che rigonfiano il verde,
prevedere nell’ordinario moto delle cose
il passaggio degli uccelli o delle stagioni,
dire che il paesaggio non muta
come noi mutiamo,
ricercare la sempre felice sintesi dell’ordine,
dell’attento disporre, del deporsi,
del contare.
II
C’è una tensione morale sotterranea
verso cui ciò che si compie si piega
e si completa,
le incontrollate forze di natura
fino al selettore delle dinamiche
umane, incontrovertibili,
a quelle tracce lasciate vive
del nostro passaggio
per il viale degli ulivi
o lungo l’autostrada d’estate
dove l’oleandro getta il suo fiore.